“Facciamo che io ero…” Perché ci si può anche laureare parlando del GDR!
Durante il mio giretto mattutino sui social network, un paio di giorni fa, noto un amico di un amico che espone le foto di laurea… tutto normale, direte voi, ma c’è un dettaglio che mi stupisce ed incuriosisce molto. Questo ragazzi, Michele Carlucci, sostiene di essersi laureato con una tesi sui GDR! Possibile?
Ebbene si, possibilissimo. Università degli Studi Milano Bicocca, Facoltà di Scienze della Formazione, Corso di Laurea in Scienze dell’Educazione, titolo della tesi: “Facciamo che io ero…” – Funzione educativa del Gioco di Ruolo in adolescenza ed età adulta. Il buon Michele diventa istantaneamente un mio idolo personale.
Come evitare di fargli un’intervista? Vengono in mente tante domande, soprattutto alla luce del fatto che, ne sono certo, un po’ tutti abbiamo passato quei simpatici periodi di adolescenza in cui parenti e amici ci additavano come gli strambi del paese perché: “Hey, quello gioca di ruolo per cui o è uno svitato o un satanista o magari un sociopatico in erba”.
E Michele se ne viene fuori con “la funzione educativa del Gioco di Ruolo”. Io l’ho sempre pensata come lui, ma potevo scriverci una tesi? Anche no! Conosciamo dunque meglio il nostro amico neo laureato, al quale facciamo innanzitutto tantissimi auguri per il futuro.
Breve biografia dalla voce di Michele
“Sono nato nel 1987 e, dopo aver sfogliato il primo libro (era sulla mitologia greca) all’età di 3 anni, è stato tutto un decadimento nella spirale del fantastico. Da quando ho iniziato a leggere non ho mai smesso, portandomi sempre appresso un libro e chiedendo all’età di sei anni l’abbonamento a topolino come regalo di natale. Dopo i libri la passione è stata il cinema, ho divorato milioni di film, mangiando quintali di pop-corn come accompagnamento, lievitando quindi come l’impasto del pane, e sgonfiandomi solo di recente. Ho iniziato a suonare il flauto traverso a 11 anni con risultati discreti, e la cornamusa a 18, con risultati decisamente migliori. Ho provato a praticare quasi ogni sport esistente, naturalmente tutti senza nessun risultato, a parte lo zapping, in cui sono un campione.
All’età di 15 anni ho scoperto D&D, e da lì è stato amore per la vita per me, e odio mortale per i miei genitori, che pensavano di avere un figlio demente. Con il passare degli anni la passione per il gioco di ruolo è aumentata, soprattutto grazie alla scoperta di giochi come il richiamo di Cthulhu e Sine Requie. Nel corso dei miei studi universitari ho individuato aspetti educativi molto forti in questi giochi, per cui, grazie ad una professoressa di ampie vedute e pazienza infinita, ho deciso di scrivere una tesi sulla possibile funzione educativa e pedagogica dei giochi di ruolo.”
Intervista
LDM: OK Michele, allora veniamo a qualche domanda! Premetto che alcune domande possono sembrare antipatiche e le risposte servono ad ammazzare i detrattori del GDR. Io sono un super appassionato e malato di GDR quasi dalla nascita, quindi non credere che le domande assurde rispecchino il mio pensiero. Tant’è che mi trovai assieme a gente che le faceva in una conferenza sul GDR a Pavia, quindi…
Cosa intendi esattamente per funzione educativa di un GDR? Approccio alla vita, uscire fuori dal guscio, educazione e senso civico?
MC: Con funzione educativa del gioco di ruolo intendo quali aspetti pedagogici e formativi possono essere messi in luce e valorizzati attraverso il gdr. Il gioco di ruolo cartaceo, analizzato più approfonditamente nella mia tesi, tende a far sviluppare nei giocatori la capacità di lavorare in team, cooperando tra loro nonostante le differenze tra i vari personaggi, sia per origini sia per condotta di pensiero (allineamento di D&D), pur di raggiungere uno scopo comune.
Inoltre il gioco di ruolo porta a sviluppare una spiccata capacità di problem solving, di adattamento alle situazioni e di empatia (ma solo se i giocatori sanno giocare bene, e se il master non è una ciofeca totale).
LDM: In che modo il GDR può influire su questi aspetti?
MC: Il gioco di ruolo influisce sugli aspetti sopracitati in innumerevoli modi: pensiamo solo alle differenti razze presenti in Dungeons & Dragons, ove i mezzorchi sono odiati da tutti a causa delle loro ascendenze o gli elfi sono da tutti considerati degli spocchiosi montati; nonostante questo, i giocatori saranno costretti a cooperare per uno scopo comune, nonostante le reciproche antipatie. A riguardo del secondo e del terzo aspetto, basta pensare alla classica domanda del master: “Cosa fai?”. Quando un giocatore si trova davanti ad una situazione nuova, deve pensare in fretta ad una soluzione, o il suo personaggio rischia la vita, cercando di risolvere il problema postogli nel minor tempo possibile. L’empatia si sviluppa quando un giocatore interpreta un personaggio con una condotta di pensiero diversa dalla sua: sforzarsi di ragionare in modo diverso dal consueto spinge i giocatori a calarsi in panni altrui, arrivando ad una più chiara comprensione del ragionamento e della mente umana.
LDM: Tutti sappiamo che i GDR sono nati come metodo per valutare l’aspetto psichiatrico / psicologico dei pazienti con problemi mentali, metodo introdotto dallo psicologo Jacob Levi Moreno (psicodramma). Parli di questo aspetto nella tua tesi? Quale credi che sia l’effetto di un GDR su di una persona a livello psicologico (lo so che non sei uno psicologo)?
MC: Lo psicodramma moreniano naturalmente è stato descritto nella mia tesi, in quanto questo sistema di valutazione psicologica è parte integrante del gioco di ruolo. Nella parte di analisi del gioco in sè, descrivo lo psicodramma come forma di interazione ludica e spontanea, effettuata attraverso un canovaccio, di una determinata situazione. Questa forma di analisi può essere utilizzata anche come sistema ludico puro e semplice, utile al semplice svago. In età adulta, il gioco è un sistema di sfogo dello stress della vita di tutti i giorni, in cui una sconfitta non porta ad una reale perdita, ma una vittoria aiuta ad aumentare la propria autostima e la propria carica emotiva. Allo stesso modo, il GDR aiuta in tutti gli aspetti descritti precedentemente, oltre a, come ho già scritto, scaricare la tensione e migliorare l’autostima in caso di vittoria, e perseverare e sviluppare nuove possibili soluzioni in caso di sconfitta.
LDM: In alcuni casi, il GDR non può finire per portare una persona a chiudersi ancora di più in se stessa ed isolarsi dal mondo circostante?
MC: In casi in cui un individuo sia in un forte stato di stress o di depressione, o in un soggetto che soffra di un disturbo nevrotico o psicotico, il Gioco di Ruolo, avendo come campo d’azione l’immaginazione, può diventare dannoso, portando chi lo gioca a travaricare il mondo reale da quello immaginario. Un mondo dove tutto è più semplice e dove non si corrono rischi reali può diventare un rifugio per chi non trova alcun tipo di soddisfazione dalla vita reale.
LDM: Lo so che sembra assurdo, ma hai idea del fatto che ci sia gente convinta che il GDR sia una sorta di palestra per la violenza reale? Un posto in cui si uccidono animali (draghi e altre creature), persino persone… che ne pensi?
MC: Il combattimento nel gioco di ruolo è una delle parti fondamentali del gioco stesso. Se esso fosse una forma di scuola per la violenza, lo sarebbero anche le fiabe e i racconti mitologici, in cui i nemici e i mostri vengono sconfitti per permettere all’eroe di poter trionfare e all’ equilibrio di ricostituirsi. Per di più, attraverso un combattimento simulato, come ho già detto precedentemente, attraverso il gioco la tensione della vita quotidiana viene scaricata senza che ci sia un reale rischio. Per cui no, il gioco di ruolo non è una fabbrica di violenza.
LDM: Cosa ne pensi dei videogames GDR rispetto alle versioni cartacee? La tua tesi, immagino, parla solo del GDR “vero e proprio”, no?
MC: Tra giochi di ruolo cartacei e GDR per computer la differenza è enorme. Per belli che siano, i GdR per computer non garantiscono la stessa libertà d’azione dei giochi cartacei, per non parlare del fatto che in un gioco per computer non c’è la componente sociale del riunirsi con altre persone in maniera diretta.
LDM: Nella tua ricerca, qual’è il limite tra GDR classico e videogame? Mi spiego: i MORPG come li intendi? E i MUD? La presenza e l’interazione fisica con i compagni di gioco contano molto?
MC: Come ho detto nella precedente domanda, la componente del riunirsi in gruppo è una parte importantissima del gioco. In un gioco per computer o per console si tende ad isolarsi, nonostante ora tramite internet sia possibile giocare contemporaneamente. Quando giochiamo con altri, ci esponiamo anche al loro giudizio, e questo per molti risulta castrante, perchè se si sbaglia ci si sente inadeguati. Giocando ai giochi elettronici poniamo un filtro tra noi e gli altri, e se questo da un lato risulta positivo, dall’altro non aiuta le persone a socializzare e ad aprirsi agli altri.
LDM: Com’è stata accolta la tua tesi dalla platea e dai prof.?
MC: La mia tesi, nonostante i miei timori iniziali, è stata accolta molto bene dalla professoressa che ha accettato di seguirmi, che si è dimostrata entusiasta dell’idea. Successivamente ho scoperto che anche lei, durante l’adolescenza, aveva giocato di ruolo, e che per questo riteneva i GdR molto utili. Durante la discussione della tesi mi ha inoltre informato che nel dipartimento anche altri professori erano molto interessati alla tesi, per cui posso dire che sì, è stata accolta positivamente! Ora sto cercando di far partire un progetto sui giochi di ruolo attraverso l’università, e questa professoressa mi sta aiutando parecchio!
LDM: Cosa ne pensano ora i tuoi?
MC: Cosa ne pensano i miei? Che sia ancora una cavolata ovviamente! A parte gli scherzi, ora come ora entrambi i miei genitori li hanno notevolmente rivalutati, mio padre perchè ha visto che non sono una semplice forma di perdita di tempo, ma che potrebbero aiutarmi a costruirmi un futuro, e mia madre, che è insegnante di scuola materna, perchè ha visto che possono avere una reale valenza educativa. Anche se continuano a chiamarli: “Quei giochi da scemi!”.
E queste, signori, se avete avuto il fegato di arrivare fino in fondo all’articolo, erano le risposte si Michele, laureatosi in Bicocca in Scienze dell’Educazione, mica in pizza e fichilogia! Vorrei tanto leggere questa tesi, personalmente, ma soprattutto vorrei che la leggessero un po’ di persone di mia conoscenza… 😉
A voi i commenti!
Luca “thedarkmaster” De Marini