Dopo di aver visto in video l’entusiasmo di Monte Cook per questa edizione del suo gioco abbiamo chiesto alla Wyrd di raccontarci qualcosa sull’edizione italiana di Numenera per la nostra rubrica Focus On.
Fabio Passamonti, il traduttore, ci ha risposto raccontandoci questo retroscena che, in vista dell’imminente uscita, non potevamo non riportare.
Come è nata l’edizione italiana di Numenera, ovvero un curioso retroscena.
Era l’estate del 2012 quando un’immagine potente, vista in rete, entrò nella mia testa per non uscirne più.
Era un’illustrazione dai contorni non ben definiti, ma con un cromatismo capace d’imporsi immediatamente all’attenzione; mostrava un paesaggio desolato, arido, una valle fluviale racchiusa in un canyon dalle pareti rocciose stranamente regolari, rischiarata da un cielo terso, azzurro. Nell’etere – leggera come una piuma nonostante le titaniche proporzioni – fluttuava una struttura inintelligibile: un velivolo di metallo? Un monolite alieno? Una stazione volante? Erano tutte risposte verosimili.
Capii subito di trovarmi davanti a uno scenario fantascientifico. Non quello soffocante di una metropoli tecnocratica però, né quello sconfinato e al contempo angustiante dello spazio profondo. La mia mente corse subito ai grandiosi deserti di Arrakis, al Crepuscolo della Terra e alle navi volanti di Tolmechia.
Mi bastò leggere la concisa descrizione che accompagnava l’immagine per capire di aver avuto la giusta impressione: Un nuovo gioco di ruolo ideato da Monte Cook, ambientato in un distante futuro e focalizzato sulla storia e sulle idee, più che sulle regole.
Fu così che venni a conoscenza di Numenera, all’epoca ancora un progetto in divenire, promosso attraverso la strabiliante piattaforma Kickstarter.
In quel periodo stavo giocando con i miei amici l’avventura The Banewarrens, tradotta in Italia dalla Wyrd Edizioni come Saepta Malevolentiae, altro lavoro di Cook, ambientato nella sua Ptolus. Decisi quindi di cogliere al volo l’opportunità e di sponsorizzare il nuovo progetto, partecipando alla fase più estesa del playtest.
Non appena ricevetti il materiale -dei PDF per la creazione del personaggio con le regole essenziali del Cypher System- quella che era nata come una suggestione prettamente visiva, splendidamente evocata dai lavori di Kieran Yanner, divenne una fonte inesauribile d’ispirazione.
Due cose fra tutte mi colpirono: la prima fu l’estrema semplicità del sistema di gioco, valorizzato però da una profonda, intrinseca coerenza. Tutti gli elementi erano connessi fra loro in modo estremamente congruente.
La seconda fu che i giocatori scelti per accompagnarmi nell’esperienza (Enea, Mario e Silvia), senza conoscere alcunché del regolamento e delle opzioni a loro disposizione, sapendo solo che avrebbero preso parte al playtest di un gioco fantascientifico, riuscirono a creare – in appena mezzora – dei personaggi memorabili, lavorando a ritroso, pensando cioè prima all’alter ego che avrebbero voluto ideare e – poi – cercando di cucirgli addosso caratteristiche e scelte archetipiche.
Il risultato fu sorprendente.
Quei tre personaggi campeggiano oggi sul fianco della scatola che custodisce l’edizione italiana del gioco (fra poco vedremo anche perché).
Dal mio punto di vista (quello di un Game Master), il playtest fu estremamente stimolante. Il materiale offerto non includeva dettagli di ambientazione, se non vaghi accenni alla natura bizzarra del Nono Mondo, alle culture che l’avevano preceduto e alle principali istituzioni, come quella dei Ministri degli Eoni.
Permetteva ai GM di focalizzarsi solo ed esclusivamente sugli aspetti essenziali di un playtest: quelli relativi alle regole.
Pur attenendomi a quanto richiesto da Monte Cook, aiutandolo a raccogliere, assieme a molti altri, i dati utili al perfezionamento del sistema, non riuscii ad esimermi dal contaminare l’esperienza. Mi trovai, cosa che per inciso non accadeva da molto (per ragioni di tempo), a concepire e scrivere scenari, ambientazioni, personaggi… creai una metropoli esotica, Mirage, ispirata alle Città Invisibili di Calvino, abitata da beduini con innesti cibernetici e governata dalla Gilda Ipnagogica: una terribile cerchia di filosofi. In poche parole, già il poco materiale del playtest ebbe su di me l’effetto di un potente tonico per la creatività.
Finita la sperimentazione, maturò in me il profondo desiderio di portare in Italia Numenera. Volevo che tutti potessero giocarci, apprezzarlo come avevo fatto io.
Scrissi un’e-mail all’autore del gioco, per ringraziarlo dell’esperienza concessa. Al testo aggiunsi l’immagine che avevo fatto realizzare dal mio amico Roberto Pitturru, appositamente per il playtest, quella dei personaggi di Silvia (Vivek, una Glaive Selvaggia che Fonde Carne e Acciaio), Mario (Domingo, un Jack Astuto che È in parte Evanescente) ed Enea (Hex, un Tech Istruito che Governa Poteri Mentali).
Speravo che all’autore sarebbe piaciuta, ma non immaginavo che, poco dopo, mi avrebbe chiesto addirittura di inserirla nel manuale.
Appresi in quell’occasione che c’erano stati già dei contatti, puramente esplorativi, tra Monte Cook e Massimo Cranchi, della Wyrd Edizioni, circa la possibilità di produrre una versione italiana di Numenera.
Ciò fece radicare definitivamente in me la volontà di collaborare all’evoluzione e alla diffusione del gioco, sia nella sua veste originale (motivo per cui iniziai a produrre materiale in lingua come licenziatario, con il marchio Beyond The Edge) sia in quella di un’ipotetica edizione italiana.
La Wyrd Edizioni d’altronde, vantava già saldi rapporti di collaborazione con la Malhavoc Press di Monte Cook, avendo tradotto perle come The Book of Eldritch Might (De Arcana Maiestate).
L’incontro con Massimo, durante l’estate del 2013, rappresentò la svolta decisiva. Avevamo già lavorato assieme in precedenza, ma mai ad un progetto di tale portata. Il mio entusiasmo per il gioco tuttavia, unito alla sua esperienza editoriale e alla profonda fiducia per il partner d’oltre oceano, fecero sì che l’edizione italiana di Numenera diventasse una realtà.
Una realtà che, proprio come il Nono Mondo, è giovane e desiderosa di crescere. La via è lunga, simile al Cammino del Pellegrino, ma mi auguro che in molti la percorreranno assieme a noi, per vedere dove ci condurrà.
Fabio Passamonti
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