Appena la bestia fu su di lui, colpì. Il tempo sembrò fermarsi mentre la sua arma colpiva ancora la testa della creatura. Uno schiocco assordante riempì l’aria mentre veniva fracassata di nuovo in mille pezzi. Il mostro si piegò e si contorse attorno alla sua spina dorsale mentre la forza immensa che lo spingeva si scontrava con quella inamovibile che lo fronteggiava.
L’assurdo e caotico impatto generato da tali forze lanciò il rettile diverse decine di metri più in là, roteando su se stesso come un proiettile mentre pezzi del suo corpo schizzavano via. Colpì il terreno con un boato, mentre i suoi frammenti decoravano il terreno circostante come una pioggia primaverile.
Able scrocchiò il collo, ignorando il sangue che scorreva dalla ferita slabbrata alla gamba e dalle altre tre al petto, subite durante l’attacco del mostro. Buttò la mazza, ora piegata e immobile, dietro di lui con noncuranza e procedette a rimettere in sede ciascuna delle due spalle con uno schiocco sordo e a ricomporre il suo gomito fratturato.
La bestia si alzò, divorando tutto ciò che aveva intorno e ricrescendo più pesante e con la corazza più spessa di prima, ormai tanto da sembrare scolpita nella roccia. Come un cane bagnato, si scrollò di dosso il suo stesso sangue rappreso mentre esso macchiava la terra in grosse, dense gocce scure. Al che, iniziò ad arrampicarsi fuori dal cratere.
Scavalcò pesantemente l’orlo dell’abisso che aveva creato solo per essere colpita da un grosso chakram, che squarciò la sua carne mentre le lame esterne ruotavano per entrare ancora più in profondità nella ferita. Ad esso ne seguirono diversi altri, lanciati dalle mani esperte di Able che li estraeva dalle ombre mentre correva verso il suo avversario.
Si lanciò in aria, evocando un’ascia mostruosa dalle pieghe del suo mantello e abbattendola sul lucertolone come una bomba.
La bestia non si curò dell’attacco, così come un cavallo non si cura dei moscerini che gli ronzano attorno, e cercò di sventrare Able con le sue zampe artigliate. Quest’ultimo schivò e fece una capriola attorno all’enorme avambraccio, piantando nel guscio una serie di pugnali-trapano e lasciando che essi penetrassero nella carne strappandola. In questo modo, ogni volta che il braccio lo stava per colpire, Able si scansava facendo forza su uno di questi appigli.
Inarrestabile, la creatura non sembrava voler rallentare il ritmo dei suoi attacchi. Non sembrava nemmeno sentire dolore. Nella sua mente, un solo pensiero, un solo istinto troneggiava su tutto il resto.
UCCIDERE.
Improvvisamente, un’artigliata non vista colpì Able alla spalla, facendolo barcollare. Questo diede l’occasione alla bestia di infierire con una massacrante zampata allo stomaco, bloccandolo solidamente a terra. Alzò in alto l’altra mano per infliggere il colpo di grazia, come l’ascia di un boia alzata per il suo macabro compito, e la abbassò in un lampo di luce e ombra.
Caricò un ultimo colpo, per finire qualunque cosa fosse rimasta di Able, ma rimase sorpresa quando scoprì che il suo braccio finiva improvvisamente sotto il gomito, con un fiume di sangue fresco che sgorgava copioso.
L’altro braccio fece la stessa fine, mozzato all’articolazione da un gigantesco paio di cesoie meccaniche brandito da Able, le lame all’interno vorticanti in maniera insana, spruzzando sangue, muscoli e ossa ovunque.
Il mostro si gettò immediatamente sui suoi arti, cercando di consumarli e rigenerarsi, ma incontrò a metà strada lo stivale corazzato di Able, che lo colpì direttamente sotto la mandibola e lo mandò disteso sulla schiena.
Able atterrò sulla creatura supina come uno sciacallo sulla sua preda, urlando in modo sconnesso, accecato dalla sua furia sanguinaria. Continuò a martellare e colpire la bestia con le sue armi, estraendone una nuova quando la precedente si rompeva sotto lo sforzo, o rimaneva incastrata troppo in profondità nella carcassa.
Alla fine si fermò. Il suo respiro era pesante e affannoso, il suo corpo completamente intriso del liquido puzzolente color cremisi, come una visione infernale e sanguinolenta. Guardò il mostro ancora vivo, ancora agonizzante, mentre il corpo tentava disperatamente di riformarsi.
E solo a questo punto lo vide. Un impulso venne generato dalla creatura, un’onda d’urto che scosse il tessuto stesso della realtà, il mondo si deformò intorno ad essa mentre una scossa elettrica dardeggiò lungo il suo corpo mutilato.
Qualsiasi cosa fosse, Able non se ne curava. Non si aspettava di ricevere pietà, e non ne avrebbe avuta a sua volta.
La bestia lo guardò, agonizzante ma con lo sguardo ancora pieno d’odio e di disgusto com’era sempre stato. Estrasse dal mantello ormai stracciato un’ultima spada lunga, pronto a infliggere il colpo finale.
Il mostro scoprì le zanne, e si alzò improvvisamente mentre la spada scendeva. La lama affondò nel palato, passando attraverso il cervello fino a perforare la testa da parte a parte, le piccole seghe ancora in moto squarciavano la pulsante materia grigia.
Il lucertolone era ancora vivo, e la sua bocca irta di denti circondava il braccio di Able. Gli lanciò un’occhiata compiaciuta, e con calma, quasi rispettosamente, affondò le zanne nella carne e nelle ossa senza nessuno sforzo finché le due estremità della bocca si toccarono con un leggero schiocco.
Able vacillò all’indietro, sopraffatto per la sorpresa, e il mostro scattò, colpendolo alla testa con le ossa del suo cranio e mandandolo lungo disteso. Gli scagliò un’ultima, fredda occhiata e aprì la bocca oscena per divorarlo.
Mentre le fauci si chiudevano su di lui, Able afferrò la spada ancora incastrata nel palato della creatura, e con tutta la forza che gli rimaneva la spinse in gola, tagliando testa e collo a metà.
Ma l’impeto delle fauci ormai non poteva essere fermato. Le sue zanne squarciarono il suo torso in due pezzi, mandando il suo braccio e la testa a rotolare senza vita a terra.
Negli ultimi momenti di coscienza, ad Able parve di sentire uno strano sibilo, come qualcosa che cade da una grande altezza.
E poi… Buio.
Il tempo passò come un riposo senza sogni, e Able si risvegliò tutto intero, rigenerato nella sua tomba. Si mosse a scatti, aprendo la bara che lo conteneva e liberandosi delle catene in fretta cercando di scrollarsi di dosso il freddo pungente che lo assaliva.
Gli ci vollero diversi minuti per sbloccare la porta di pietra che ostruiva l’uscita, e per tutto il tempo pestò i piedi sul suolo ghiacciato, guardando il suo respiro cristallizzarsi di fronte a sè.
Quando infine emerse trasse un sospiro di sollievo. Non aveva mai amato il freddo, era più un uomo a cui piaceva il calore.
E comunque, pensò tra sè, erano passate ere dall’ultima volta che aveva combattuto così. Ci sarebbe bisogno di un banchetto, per celebrare, con tutta la sua squadra! Ora, dove avevano messo quella strana scatola con scritto “pizza”?
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Sorgente: Warrior and the Dragon
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