Era maggio del ‘44 quando si sentì abbastanza pronto per i violinisti e i pianisti. Ovviamente, aveva bisogno delle loro mani. Oh, com’erano piccoli e delicati quei meccanismi mentre li estraeva! Le sue mani vibravano dall’emozione, al punto di rischiare di romperli! Poi, fu il turno degli artisti. I loro occhi sarebbero stati essenziali. Quasi si era dimenticato dei cantanti! Se ne ricordò solo mentre avvitava e svitava le veloci labbra di un poeta. Non c’era bisogno pratico di una voce, ovviamente, ma la bellezza non è mai abbastanza. In fondo, Sankt stava lavorando a un capolavoro: trascurarne un pezzo sarebbe stato come cancellare il sorriso della Monna Lisa: imperdonabile!
Sapeva, però, che i suoi delicati meccanismi si sarebbero potuti rivelare troppo delicati. Si arrovellò su questo a lungo, credendo di aver tanto lavorato per nulla, quando improvvisamente la soluzione gli balenò nella mente. Stava osservando, assorto, la sua guardia camminare impettita avanti e indietro, e improvvisamente l’epifania! Minatori, muratori, scavatori, spazzini – Anche loro dovevano dare il loro contributo con la loro forza, il loro vigore! Si vergognò della propria stupidità, così come quando aveva quasi dimenticato i cantanti. Come diavolo poteva realizzare un capolavoro assoluto senza usare tutto?
Le loro gambe e le loro braccia servirono a generare e trasferire energia ai meccanismi più piccoli, fragili e inaccessibili, rendendo utilizzabile la macchina anche a un solo uomo, con una singola leva!
Tuttavia, la potenza è nulla senza controllo. Servivano menti altrettanto potenti per governare il tutto, per cui Sankt mandò a prendere gli scienziati, i dottori, gli insegnanti e i ricercatori. I loro cervelli erano una parte essenziale, e non potevano essere esclusi. Il primo soggetto gli diede problemi, poiché ancora non capiva come interlacciare le differenti parti, ma perseverò. I successivi furono molto più semplici, finché anche queste ultime componenti furono integrate nell’insieme, guidando e pilotando muscoli, tendini e mani con perfetta, indiscutibile precisione.
Vicino alla conclusione, al suo glorioso obiettivo, Sankt raccolse il coraggio e invitò tutti i gerarchi del Reich nel suo laboratorio per mostrare loro a cosa erano servite le sue fatiche.
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Era un piccolo ma nervoso gruppo quello che si muoveva nei corridoi del grigio e claustrofobico bunker sotto Chelmno. Purtroppo, solo uno dei gerarchi si era presentato: gli altri erano troppo impegnati, essendo la guerra alle porte del cuore del Reich. Sankt tuttavia sapeva di avere la soluzione a tutti i loro problemi. Con la sua macchina, la Germania sarebbe stata in grado di difendersi da ogni minaccia.
Sotto lo sguardo attento di tutti, mise una pistola ad un’estremità della sua creazione, girando la manopola e operando la leva. La mosse piano, ascoltando il ritmo perfetto per la prima volta. Sapeva, in qualche modo istintivo, che avrebbe funzionato perfettamente. Ogni ticchettìo era come la piroetta di una ballerina, il suono di un accordo, il ricordo di un sogno. Sankt si sentì vicino ad essere innamorato più di quanto non avesse mai fatto prima.
Quando ebbe finito riprese in mano la pistola, esaminando attentamente come ferro e acciaio fossero diventati oro e rame. La consegnò fiero ad uno degli ufficiali superiori, che tuttavia la studiò un secondo prima di guardarla con disappunto e metterla da parte.
– È tutto qui? – chiese l’uomo.
– Che cosa intende? – rispose Sankt.
– È questo il suo uso? Trasformare il ferro in rame?
– Ovviamente, no! – disse Sankt, quasi indignato – possono fare molto, molto di più. Questo è solo il primo passo di un lungo viaggio. Per ora, riescono solo ad eseguire un solo tipo di trasformazione, precisamente da una cosa in qualcosa di simile. Ma presto, molto presto, saranno in grado di migliorare le cose, in modi che forse noi non possiamo nemmeno immaginare! Riscrivere testi antichi, risolvere errori in complesse equazioni, progettare nuove armi e nuove religioni con uguale facilità!
L’uomo guardò prima lui, e poi la massa di meccanismi e ingranaggi dietro di lui. Lo fissò intensamente.
– Lo finisca, allora. Abbiamo bisogno di un nuovo Dio ora.
Sankt lavorò alacremente. C’erano solo un pugno di persone rimaste intorno a lui, oramai. Il suo team di ricercatori era già stato già usato. Tutti, fino all’ultimo dei prigionieri pallidi e malati. Iniziò ad utilizzare i soldati più intelligenti, collegandoli il meglio possibile. Non poteva più permettersi di fare lo schizzinoso. Infine, prese anche il suo guardiano personale. Levò il fucile dalle sue mani, lo portò al tavolo e, ringraziandolo per il leale servizio reso, gli strappò il cuore ancora ticchettante dal petto.
Quando gli americani arrivarono, aveva quasi finito. Poteva quasi sentirli avvicinarsi attraverso il fumo provocato dalle fornaci, indisturbati. Ormai le guardie che non erano state usate erano scappate. Pensò che, anche se la Germania sarebbe caduta, il suo operato sarebbe comunque stato apprezzato.
Si avvicinò ai primi soldati, sorridendo e agitando le mani in aria. Li salutò in un inglese un po’ zoppicante, chiedendo loro di raccontargli storie della guerra. Li avvertì delle condizioni del campo, cercando di spiegare cosa i comandanti avevano fatto per cercare di contenere l’epidemia che lui aveva scatenato. Lo uccisero lentamente, tagliandogli prima le mani, poi gli occhi, e infine le labbra.
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Il sergente Mansell guardò l’immenso dispositivo. Aveva visto Big Ben a Londra prima di partire, e gli piaceva pensare che l’interno fosse simile a questa macchina. Gli altri soldati erano fuori, seppellivano i morti tra il fango e il vomito degli infetti. Guardò la manopola, con la sua copertura che riportava istruzioni in un inglese molto primitivo. Appoggiato a terra, appena sotto, c’era un singolo ingranaggio.
Mansell lo guardò. La sua collocazione era fin troppo ovvia. Sollevando la copertura di ottone, inserì l’ultimo ingranaggio nel meccanismo e sentì la macchina tremare appena. Mansell sembrava in estasi. Era finalmente, terribilmente, completata.
Quella notte sognò una giovane donna, splendida e radiosa. Quel mattino, si alzò, e camminò meccanicamente nei boschi portando con sè la sua pistola. Lo sparo echeggiò tra gli alberi, con un misto di rumore sanguigno e metallico.
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