Ben ritrovati, avventurieri. Oggi il vostro oste dirà la sua su un particolare aspetto del LARP: la scelta del PG. Vero e proprio nodo gordiano da sciogliere per capire come vogliamo che il nostro alter ego si sviluppi sia esteticamente che socialmente, sembrerebbe una scelta di poco conto ma il perché e il come di ciò apre interessanti spunti di dibattito. Ho rivolto questa domanda nel gruppo “Chiacchiere da taverna” su facebook (che potete trovare qui ed a cui vi invito a partecipare):
Voi fate distinzione tra voi stessi e il vostro pg?
Il vostro personaggio è una parte di voi o è estraneo al vostro abituale modo di comportarvi?
Pare banale, vero? Invece le risposte nascondono molte più informazioni di quanto si potrebbe capire di primo acchito.
Ho notato che, seppure il campione è veramente un numero irrisorio rispetto alla totalità dei larpers italiani, la scelta del PG segue due distinte vie dettate da esperienze pregresse, gusti personali e vari altri fattori: la via attiva e la via passiva. Mi spiego meglio.
Il PG rispetto a noi può essere passivo ovvero noi ricreiamo noi stessi nel mondo da noi scelto. Agiamo e ci comportiamo come faremmo noi stessi ma col filtro dell’ambientazione, delle conoscenze, dal muro del metagioco. In sostanza usiamo quel che abbiamo già pronto (cioè noi) e che, anche in momenti di stress o in fasi concitate, ci viene naturale fare, sempre con le dovute modifiche. Uso come esempio me stesso perché sono pigro da far schifo: nella vita reale sono un operatore socio sanitario e mi piace questo lavoro. In game, per Vilegis, ho scelto la via passiva e sono diventato un taumaturgo, ho scelto il Magnamund come mondo di origine perché i libri-game hanno preso buona parte della mia infanzia e li conosco abbastanza bene. Ho preso e ricombinato aspetti reali della mia vita e li ho adattati sul mio PG. Facile, veloce, immedesimazione massima (non ci sono effettivamente troppi ragionamenti da fare se non il rispetto dell’ambientazione). È la scelta migliore per iniziare, secondo me, sia come novizio dell’hobby che come novizio di un’ambientazione sconosciuta. Puoi effettivamente concentrarti su altri aspetti di gioco: la recitazione (sempre se mantenuta come si deve) verrà da sé.
La via attiva, invece, è spostarsi più in là. Sperimentare aspetti meno conosciuti o del tutto alieni di noi. Pensiamoci un attimo: essere un elfo, per esempio, significa aver vissuto per migliaia di anni in una società di solito chiusa incentrata su piaceri, gusti, esperienze che un uomo non ha modo di provare, ma solo di immaginare. Diventare un elfo, renderlo credibile, richiede lavoro perché siamo noi a dover immaginare sensazioni, modi di fare, modi di dire, gesti del nostro PG. Siamo noi a metterci addosso questa maschera, non il contrario, come per la via passiva.
Cosa sente un drago imprigionato nel corpo di un uomo? Come vede le altre razze un elfo di diecimila anni? Cosa spinge un orco a combattere? Sono domande interessanti, intriganti, che tutti ci siamo fatti giocando, magari, a una sessione di gioco di ruolo cartaceo. Dal vivo però noi non diamo solamente voce al nostro PG, determinando le sue azioni con lanci di dadi o con spiegazioni: noi siamo lui/lei, in tutto e per tutto (o quasi).
Nelle risposte di cui vi parlavo qualche riga fa mi sono fatto un’idea tutta mia su queste due vie: una, la via passiva, favorisce enormemente l’immedesimazione, il “sentirsi lì” nella storia. L’altra è più artificiale, più cerebrale ma permette di spaziare enormemente per tipologia, caratteristiche, ambientazione il tipo di PG che possiamo interpretare.
Usando le parole di un mio compagno di hobby “trovo che il dovere di un personaggio (e quindi di un giocatore) sia quello di restare perfettamente coerente a se stesso per non rovinare la sospensione d’incredulità di chi lo circonda.” (cit. Pietro Caruso)
Le strade sono molteplici per assicurare e assicurarsi una buona esperienza di gioco, non solo quelle da me descritte ma lo scopo è sempre il medesimo: divertirsi e divertire.
E Voi? Cosa e perché vi ha spinti a mettervi nei panni del vostro PG? Perché fare un cattivo cattivissimo invece che un buono? Venite al bancone! Il primo giro lo offre la casa!
Alessio “Rios” Serra, operatore sanitario in real life e da poco anche in game, vive nella Maremma Toscana e si è affacciato circa cinque anni fa al GRV, dopo molto tempo speso a immaginarlo e basta. Galeotta fu l’amicizia con amici di amici che lo portò a vestirsi di cuoio, armato di spada e scudo. Oggi, finalmente, si gode il suo ritorno all’hobby che da allora tempo e denaro ingiustamente gli tolsero.
Scrivi