Il serpente Ouroboros
Eric Rauckner Eddison, 1922
Fantasy Fanucci, € 8,50
“Nelle vostre mani avete il miglior libro di fantasy che sia mai stato scritto in lingua inglese” (dalla Prefazione di D.E.Winter)
Scritto nel 1922 da un gentlemen inglese con la passione per la letteratura antica, Il serpente Ouroboros riscosse un enorme successo in Gran Bretagna e in America, dando così inizio alla cosiddetta “Saga di Zimiamvia”. Nonostante E.R.Eddison sia oggi praticamente sconosciuto al grande pubblico, i suoi libri hanno avuto estimatori di tutto rispetto, tra cui lo stesso J.R.R. Tolkien, il cui entusiastico commento campeggia sulla copertina per attirare potenziali lettori.
Prima ancora che un piccolo gioiello del genere Heroic Fantasy, Il serpente Ouroboros è un poema epico in prosa: una storia di battaglie campali e duelli leggendari, dove i personaggi giganteggiano sulla scena come eroi del mito: ed eroiche sono le loro gesta, mentre mettono alla prova il loro valore contro i nemici, le avversità e magie proibite che potrebbero distruggere il mondo intero. Tutto è narrato con uno stile elegante e ricercato, dal sapore antico, che rinuncia spesso alla scorrevolezza per accentuare la sensazione di Epico che si respira fin dal primo capitolo. In ogni pagina si riflette l’amore di Eddison per le saghe nordiche (era un esperto di poemi islandesi), il suo fine gusto e la sua sterminata cultura letteraria, mista alla gioia di chi scrive sulla carta sogni della sua infanzia.
Non è infatti un mistero che Eddison abbia ricavato il materiale per la sua opera dai sogni che trascriveva e dalle sue fantasie di bambino; in una lettera confida di aver iniziato a scrivere Il serpente Ouroboros più di trent’anni prima. Purtroppo questo appare evidente, ed è il più grande limite dell’opera: nonostante la scrittura e l’intreccio, spesso affiorano idee chiaramente avute da Eddison bambino e sviluppate poi da adulto. I nomi dei protagonisti vanno, con poca coerenza, dall’aulico al gergale, e se Brandoch Daha è un nome degno di un principe, lo è molto meno Spitfire (“Sputafuoco”?..). La scelta di ambientare il libro in un Mercurio fantastico oggi fa sorridere, specie perché il pianeta somiglia più a una Terra favolosa che a un mondo alieno, e ancor più i nomi delle varie nazioni appaiono ben poco credibili: Demonland e Goblinland sono giustificabili per l’immaginazione di un ragazzo, ma non in un libro scritto per gli adulti da un adulto. La traduzione in italiano lascia inalterati i nomi dei territori, ma traduce quelli dei suoi abitanti, e non è immediato capire che i Diavoli sono i nativi di Impland e le Streghe di Witchland. Oltretutto i popoli di queste terre, nonostante vengano chiamati Goblin, Ghoul o Streghe, non sono di razze diverse come si potrebbe pensare, ma vengono sempre descritti come umani, a parte i Demoni dotati di corna: questo non fa che aumentare la confusione del lettore, già disorientato da un’introduzione che poco ha a che fare col resto della storia e che ha fatto discutere più di un critico.
Eppure ci si abitua a tutto questo. La prosa di Eddison, per quanto difficile e volutamente ampollosa, ha il raro dono di invogliare a continuare la lettura. Impossibile non affezionarsi ai personaggi, dell’una o dell’altra fazione, così come vi si era affezionato Eddison quando li creò da ragazzo: specialmente a lord Gro, traditore per natura, che in mezzo a tanti eroici condottieri spicca come figura di sorprendente modernità. Impossibile non meravigliarsi della ricchezza di particolari del mondo fantastico dell’autore e delle sue sontuose descrizioni, o delle innumerevoli citazioni da opere famose messe in bocca ai personaggi. Impossibile non apprezzare la scrittura di Eddison, che attinge a piene mani dalle saghe islandesi, dalla letteratura inglese, dai miti classici, dai poemi cavallereschi medioevali, dai poemi omerici e dai sogni della sua infanzia, ma sa sempre creare un proprio stile personale che li comprende tutti.
L’edizione italiana è eccellente e ricca di informazioni, con un’introduzione molto curata e dettagliata; così come le note al testo e la corposa bibliografia a fine volume. Sono indicati persino i testi da cui provengono le varie poesie presenti nel libro –che spaziano da Shakespeare alle Anacreontee- e le varie citazioni dei personaggi.
Anche se l’autore afferma che “non è né un’allegoria né una favola, ma una storia da leggere per il proprio piacere”, Il serpente Ouroboros non ha nulla dello stereotipo del libro fantasy d’evasione. E’ un’opera di non facile lettura, che merita l’attenzione e il riguardo che si mostrerebbe a una saga antica o a Il Signore degli Anelli. Del resto, anche se ambientato in un poco credibile Mercurio, Ouroboros è proprio questo: una saga antica scritta nel 1922. Proprio come l’opera del suo principale ammiratore, J.R.R.Tolkien.
Voto: 9,5
Recensore: Lavos-D
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